Un servizio nato da un bisogno condiviso da studenti e docenti, direttamente o indirettamente interessati, che hanno sentito forte l’esigenza di raccogliere e socializzare le sempre più numerose esperienze vissute all’estero, in quanto risorsa per offrire un appoggio a quanti interessati a loro volta a partire. A seguito di un vivo scambio di idee, opinioni, riflessioni su esperienze pratiche e sogni, il programma è stato implementato a partire da gennaio 2005.

martedì 26 febbraio 2013

Bayush Petranzan - Report. Andhra Pradesh e Tamil Nadu - India


Capisci quando è il tempo di andare via, quando cominci a rimetterti i calzini ai piedi e smetti di sentire il contatto con la terra, con il fango. Capisci che è giunto il momento di andare quando i bambi e i ragazzi con i quali hai condiviso tante emozioni cominciano a dirti di restare ancora un po’. …
Ed è proprio in quel momento che la tristezza viene a galla, mista a tante altre bellissime emozioni… ed è in quel momento che basta incrociare solo UNO sguardo e la lacrimuccia non può fare a  meno di scendere, non puoi fermarla, lei scende.. e scende.. ma sul tuo volto compare anche quel sorriso. Un sorriso di gratitudine, un sorriso di complicità, un sorriso dell’arrivederci. In quel momento mille emozioni si accavallano… e ti ricordi di quel lontano 1 ottobre quando hai lasciato casa, amici, quando perdendoti all’aeroporto di Dubai continuavi a chiederti come sarebbe stata l’India, come sarebbero state le persone, come ti avrebbero accolto e se ti avrebbero accettato. Quando ti chiedevi se saresti mai stata adatta a fare un viaggio del genere, ed è li che tutte le emozioni cominciano ad accumularsi. Paura, curiosità, felicità, attesa…e ti accorgi come piano piano, giorno per giorno le tue paure siano svanite poco alla volta.
Prima di partire, ciò che mi veniva in mente legato alla parola “India” era, oltre Madre Teresa di Calcutta e Gandhi che sono ormai nella mente di tutti, la raffigurazione di un quadro, su questo quadro tanti poveri, tanta gente che moriva di fame per strada, tanti bambini, un luogo povero con le mucche ossutissime.  Ma un mio buon amico indiano mi aveva detto “Si è vero, c’è ancora questo in alcune zone ma vai a vedere con i tuoi occhi, l’India ti saprà stupire”
E così partì! Uscii dall’aeroporto, c’era una massa di gente che urlava “taxi madam, taxi”, altri che urlavano “oto madam, oto!”, altri invece in silenzio reggevano dei cartelli con suscritti dei nomi. 
La prima cosa che mi ha colpito quando sono arrivata in Tamil Nadu oltre il caos dell’aeroporto è stata la quantità di VERDE che avevo intorno. Una piacevole brezza entrava dai piccoli finestrini socchiusi del mio “taxi”, guardavo fuori dal finestrino. Silenzio. Uccellini. Alberi di cocco. Mille fiori e piante.  Ero in India?
Arrivata alla prima struttura, così come nelle altre, sono stata accolta con ghirlande di fiori al collo, puntino rosso in fronte, musiche e danze… Era tutto così nuovo, così emozionante, così piacevole.

Per il primo periodo del mio tirocinio sono stata in ASCOLTO. Ho cercato di capire la situazione in loco, mi sono fatta guidare dalla mia tutor che mi è stata vicina dandomi consigli e informandomi sulle tradizioni e usi del luogo. Dopo questo periodo di ascolto, HO FATTO UN PASSO AVANTI, insieme ai tutor abbiamo cominciato a stendere il programma delle attività da svolgere e abbiamo cercato di inserire all’interno delle attività anche il tempo per lavorare sulla mia ricerca. Le attività che ho svolto all’interno delle diverse strutture sono state ad esempio: aiuto compiti (soprattutto di inglese), organizzazione di attività ludico ricreative (per le strutture dove è stato possibile e dove c’è stata soprattutto la disponibilità da parte del personale), raccolta di informazioni per l’associazione italiana, aggiornamento e traduzione di dati riguardanti i bambini accolti.
Oltre a questo ho avuto la possibilità di intervistare i genitori dei bambini che vivevano nelle baraccopoli e conoscere meglio anche questa realtà.
Ma, nonostante tutto ciò che di bello stavo vivendo, non sono mancate le difficoltà. Difficoltà dettate dalla mancanza di comunicazione con la persone della struttura, legate alla personale comprensione della cultura, forse a volte troppo lontana dalla nostra e magari troppo contraddittoria. Ma la perfezione non esiste e queste difficoltà sono state per me spunti di riflessione.

Alla fine del mio viaggio, mentre ero sulla strada del ritorno in patria ripensavo alla frase del mio caro amico indiano. “l’India ti saprà stupire”.  E ripensavo ai piedi, si, ai piedi scalzi delle nonne, dei nonni, delle mamme e dei bambini. Ripensavo ai quei piedi piatti, rugosi, rovinati dal tempo passato a camminare su quella terra rossastra. E guardavo i miei, che nonostante mi togliessi le ciabatte ogni volta erano comunque sempre troppo ‘nuovi’. Ripensavo poi ai suoni, alle cavigliere con piccoli campanellini, alle musiche e alla puja (preghiera induista) che ogni mattina iniziava alle 5 del mattino, ripensavo all’ultimo periodo quando alle 4 del mattino passava tra le vie un uomo che suonava con forza i tamburi (che abbiamo scoperto poi essere una sorta di sveglia per la gente che a causa del freddo rischiava d rimanere a letto), ripensavo ai claxon, al rumore delle onde, al fruscio degli alberi al passaggio dei piccoli scoiattolini che saltavano di albero in albero. Ripensavo ai colori, ai fiori, ai rangoli, alle polveri, ai mille sari di colori e fantasie diverse che avvolgevano le belle signore. E come non pensare al cibo e soprattutto ai 5 kg presi a forza di mangiare riso a colazione, pranzo e cena? (mannaggia a chi mi ha detto che sarei tornata uno stecchino. Altro che! Se magna ben!) Ripensavo poi a quanta gente abbiamo fatto felice solo facendo una foto con loro, solo stringendogli la mano, solo scambiando uno sguardo, solo condividendo un posto a sedere in autobus. E ripensavo a quanto quest’esperienza mi aveva dato, a quante cose avevo imparato sull’india e pensavo a quante immagini distorte mi ero fatta prima. Avrò forse dato anche io qualche cosa? Avrò forse lasciato anche io il mio segno nei loro cuori come loro avevano fatto con me?... E poi guardavo i braccialetti dell’amicizia che mi avevano fatto, guardavo i disegni per me ‘come back again, goodbye’ e i le mie domande trovavano una risposta.

Alla fine di questo mio piccolo viaggio non ho la pretesa di aver capito l’India o le sue logiche senza logica. Alla fine di questo viaggio ho imparato la mia lezione, e come dicono loro “if u want, u can! Remember: successe is a process, not an event. Invest the time in building a positive attitude”. Akka, sister tambi, tangaci, annan, tamuddu grazie perchè la mia valigie è carica del sapere che mi avete donato.

Un forte abbraccio e un grande bacione.
Bayush sister

Tania Vincenzi - Report. Hyderabad e Pondicherry - India


Hi anna e akka!
Fratello e sorella sono le parole che accompagnano il tuo nome ogni volta che i bambini indiani rientrano da scuola e con il loro sorriso infinito ti fanno sentire parte della loro vita. Così voglio salutarvi dopo tanto tempo che non incrociamo i nostri sguardi!
Sono partita per l’India il primo novembre con delle idee in testa, cercando di immaginare cosa mi avrebbe accolto. Leggi tanto sui libri a proposito della cultura indiana, delle tradizioni, della religione ma mai nulla sarà all’altezza di quello che i tuoi occhi vedranno.
Il mio tirocinio è nato dalla voglia di capire com’è la vita, ma soprattutto il futuro di un bambino/ragazzo che vive e cresce in una casa famiglia. Come il territorio includa o escluda la sua presenza nella società per il semplice fatto di essersi formato come adulto in un contesto differente da quello che noi intendiamo di famiglia, con una madre e/o un padre.
Dopo un periodo di formazione con le associazioni che mi hanno ospitato, ho pensato di strutturare la mia permanenza in due periodi differenti: un mese ad Hyderabad (Andrha Pradesh) in una casa famiglia che ospita bambini dai 5 ai 23 anni a i restanti due a Pondicherry (Tamil nadu) in una casa famiglia per bambine.
Hyderabad mi ha accolta con i suoi edifici altissimi, smog e caos. La città ha origini islamiche e spesso ad oggi la convivenza religiosa risulta difficile, a partire dai frequenti scontri che avvengono nella parte vecchia della città, tra hindu e mussulmani.

E’ una tra le metropoli indiane maggiormente sviluppate grazie alla tecnologia che si estende in zone, quartiere paralleli. Altri mondi. A distanza di pochi chilometri dalle strade polverose che percorri tutti i giorni, cercando di schivare mucche, cumuli di rifiuti e senza farti travolgere da risciò o autobus, emergono grattacieli infiniti che sfiorano le nuvole in zone lussuose e luccicanti. Un’altra India, quella a cui tutti i giovani aspirano, “l’High-tech city”.
Spero di essere stata chiara nel farvi capire che la parola che spesso riassume una vita indiana è la contraddizione. Una contraddizione che si rispecchia anche negli atteggiamenti quotidiani e nel modo in cui, per esempio, viene guardata una donna. Posso dirvi con certezza dopo averlo provato che non è semplice essere una straniera non sposata, qua le donne sono accompagnate sempre da qualche uomo della famiglia e per certi aspetti la loro vita dipende da loro, non hanno un’individualità. Sono nate donne e per questo il loro ruolo è ben definito sin da quando sono bambine, devono solo sperare di essere fortunate nel momento in cui la famiglia sceglierà il loro futuro marito e di conseguenza la nuova famiglia che le accoglierà. I matrimoni combinati non sono una leggenda di altri tempi così come la dote, i rituali che lo accompagnano e le giornate infinite di festeggiamenti!
Dopo aver imparato a leggere certi atteggiamenti impari a rendere tutto relativo, perché l’India sta veramente crescendo, emergendo e le nuove generazioni, quelle che hanno la possibilità di proseguire gli studi e vivono la “Hyderabad bene” sono lanciate verso nuovi modelli e le famiglie a loro volta stanno facendo un cambio di rotta, allontanandosi da certi legami con il passato.
Questo è stato il contesto culturale che mi ha accolto e a tratti non di facile comprensione. A rendere tutto molto più semplice ci hanno pensato i ragazzi della casa famiglia. La situazione all’interno di quelle mura era totalmente diversa, un abbraccio caldo e famigliare quando ti sentivi perso nel caos dello sviluppo. Occhi caldi e profondamente neri, curiosi e con tanta voglia di conoscerti. Bhavitha Home (il nome che è stato dato alla casa) è un piccolo angolo di paradiso tra i tanti ostelli che esistono in questa città. I ragazzi hanno la loro indipendenza, libertà di espressione non a caso è una vera casa di talenti tra danza, canto, pittura e cricket (sport nazionale, dalle regole impossibili!).
Ogni mattina mi alzavo per fare colazione con loro e salutarli prima che andassero a scuola, poi la giornata la passavo con la presidentessa italiana dell’associazione che mi ha accompagnato per un periodo. Le mie attività di supporto erano già iniziate in Italia grazie ad un buon lavoro incentrato su quale sarebbe stata la mia figura per l’organizzazione. Con il senno di poi si è rivelato indispensabile per sentirsi partecipe fino in fondo nella missione che si è data l’associazione quando ha deciso di nascere e per poter contribuire con proprie idee. Alle varie attività di fund-raising e ricerca contatti per la creazione di una rete più ampia, ho intervallato la mia ricerca. Ho deciso di raccogliere i racconti di vita dei ragazzi per avere anche la loro percezione e parere sulla relazione che si instaura con il territorio. Un’ esperienza travolgente. Li ascolti guardandogli negli occhi e ti rendi conto che hai tante cose da imparare dalla vita ma ancora di più da loro, puoi solo restare in silenzio ad ascoltare e osservare il loro viso mentre ti rendono partecipe di un passato a volte troppo difficile per un bambino.
Il primo mese ad Hyderabad è volato in un batter d’occhio alla presa con emozioni contrastanti, con alti e bassi che spesso non riesci a spiegare.

A Pondicherry, verdissima città del Tamil Nadu, è iniziata la mia seconda parte di tirocinio formativo.
Ex colonia francese è ora meta di “freakketoni” da tutto il mondo alla ricerca di non si sa ben cosa. Arrivare qua è stato come cambiare continente, passeggiare per la via principale che si affaccia sul Golfo del Bengala accompagnati dal solo suono delle onde che s’infrangono dava l’impressione di non essere in India.

Da qua è nata la conferma che esistono tante “indie” una profondamente diversa dall’altra.
Ben presto ho lasciato la “comoda vita” della città per trasferirmi nel villaggio, a Thavalakuppam a 15 km da Pondicherry.
Qua, a differenza di Hyderabad, sono circondata da un verde incontrastato, la natura esplode e vince sull’uomo. Alberi di cocco, distese di risaie e scoiattoli che saltano da un albero all’altro, piccoli templi coloratissimi che emergono dal nulla. Un senso di serenità per la vista e l’udito.
In questo villaggio si trova la seconda struttura che mi sta ospitando; “Kirubalaya”. Si tratta di una casa famiglia gestita da una suora che si prende cura di bambine orfane e/o di strada dai 5 ai 18 anni.
Il contesto culturale che mi ha accolto è stato molto diverso anche per la forte presenza di turisti che a mio parere ha tolto a questa città un qualcosa. Qui lo spazio che mi circonda è decisamente a misura d’uomo; non ti perdi tra il caos e lo smog.
Nonostante la splendida cornice, le cose sono state più complesse a causa di una poca chiara comunicazione tra l’associazione italiana e quella indiana. Il mio ruolo in loco è stato completamente diverso da quello pre-annunciato e anche la parte della ricerca non è stata semplice. Ho dovuto re-inventare le mie giornate, le mie interviste. Non è stato semplice ma insieme alla mia compagna d’esperienza Bayush ci abbiamo provato!
Qua ho avuto modo di conoscere sistemi educativi che vengono dati ai bambini e che per essere raccontati avrebbero bisogno di una riflessione a parte. Assistere a certe situazioni è stata dura.
I bambini appena vedono alzare una mano verso l’alto pensano che stai per picchiarli mentre tu in realtà vuoi giocare o scompigliarli i capelli. Vedi il loro volto come al rallentatore che si corruga e si spaventa e senti un tuffo al cuore, un boato dentro.
Ripenso ai quei momenti ed ho i brividi; penso a quello che diceva Freire e alla facilità con cui da oppressi potranno e in alcuni casi già lo sono, diventare oppressori.

In questa esperienza ho visto la differenza che esiste nelle relazioni che puoi avere con i bambini e quella con le bambine. In questo secondo caso è molto più fisica, ti cercano la mano, ti accarezzano e tu puoi sentirti libera di fare altrettanto. C’è più attenzione nel prendersi cura di una bambina, e questo è dettata principalmente dal sistema culturale.
Sono estremamente controllate, soprattutto nelle loro amicizie. E’ una questione di reputazione necessaria per avere un buon matrimonio.

Tra pochi giorni lascerò Pondicherry per tornare ad Hyderabad.
Faccio il bilancio di queste due diverse esperienze e mi rendo conto che, come mi ha insegnato un indiano, la vita è fatta di 50 e 50: lascio una natura meravigliosa per tornare nel caos della città ma abbracciare (con lo sguardo) i miei fratelli indiani!
Questa esperienza quasi conclusa mi ha fatto conoscere una cultura, un mondo “altro”, infinito, che sento di voler conoscere sempre di più. A tratti mi sono trovata in una grande Italia del secondo dopo guerra, con un boom economico in atto e la voglia di cambiamento negli occhi che spesso si trova in contrasto con le proprie radici.
Tante cose ci sarebbero da raccontare ma aspetto di vedervi di persona.

Un abbraccio da una delle tante indie …

Tania