Capisci quando è il tempo di andare via, quando cominci a rimetterti
i calzini ai piedi e smetti di sentire il contatto con la terra, con il fango.
Capisci che è giunto il momento di andare quando i bambi e i ragazzi con i
quali hai condiviso tante emozioni cominciano a dirti di restare ancora un po’.
…
Ed è proprio in quel momento che la tristezza viene a galla, mista a
tante altre bellissime emozioni… ed è in quel momento che basta incrociare solo
UNO sguardo e la lacrimuccia non può fare a meno di scendere, non puoi
fermarla, lei scende.. e scende.. ma sul tuo volto compare anche quel sorriso.
Un sorriso di gratitudine, un sorriso di complicità, un sorriso
dell’arrivederci. In quel momento mille emozioni si accavallano… e ti ricordi
di quel lontano 1 ottobre quando hai lasciato casa, amici, quando perdendoti
all’aeroporto di Dubai continuavi a chiederti come sarebbe stata l’India, come
sarebbero state le persone, come ti avrebbero accolto e se ti avrebbero
accettato. Quando ti chiedevi se saresti mai stata adatta a fare un viaggio del
genere, ed è li che tutte le emozioni cominciano ad accumularsi. Paura,
curiosità, felicità, attesa…e ti accorgi come piano piano, giorno per giorno le
tue paure siano svanite poco alla volta.
Prima di partire, ciò che mi veniva in mente legato alla parola
“India” era, oltre Madre Teresa di Calcutta e Gandhi che sono ormai nella mente
di tutti, la raffigurazione di un quadro, su questo quadro tanti poveri, tanta
gente che moriva di fame per strada, tanti bambini, un luogo povero con le
mucche ossutissime. Ma un mio buon amico indiano mi aveva detto “Si è
vero, c’è ancora questo in alcune zone ma vai a vedere con i tuoi occhi,
l’India ti saprà stupire”
E così partì! Uscii dall’aeroporto, c’era una massa di gente che
urlava “taxi madam, taxi”, altri che urlavano “oto madam, oto!”, altri invece
in silenzio reggevano dei cartelli con suscritti dei nomi.
La prima cosa che mi ha colpito quando sono arrivata in Tamil Nadu oltre
il caos dell’aeroporto è stata la quantità di VERDE che avevo intorno. Una
piacevole brezza entrava dai piccoli finestrini socchiusi del mio “taxi”,
guardavo fuori dal finestrino. Silenzio. Uccellini. Alberi di cocco. Mille
fiori e piante. Ero in India?
Arrivata alla prima struttura, così come nelle altre, sono stata
accolta con ghirlande di fiori al collo, puntino rosso in fronte, musiche e
danze… Era tutto così nuovo, così emozionante, così piacevole.
Per il primo periodo del mio tirocinio sono stata in ASCOLTO. Ho
cercato di capire la situazione in loco, mi sono fatta guidare dalla mia tutor
che mi è stata vicina dandomi consigli e informandomi sulle tradizioni e usi
del luogo. Dopo questo periodo di ascolto, HO FATTO UN PASSO AVANTI, insieme ai
tutor abbiamo cominciato a stendere il programma delle attività da svolgere e
abbiamo cercato di inserire all’interno delle attività anche il tempo per
lavorare sulla mia ricerca. Le attività che ho svolto all’interno delle diverse
strutture sono state ad esempio: aiuto compiti (soprattutto di inglese),
organizzazione di attività ludico ricreative (per le strutture dove è stato
possibile e dove c’è stata soprattutto la disponibilità da parte del personale),
raccolta di informazioni per l’associazione italiana, aggiornamento e
traduzione di dati riguardanti i bambini accolti.
Oltre a questo ho avuto la possibilità di intervistare i genitori dei bambini che vivevano nelle baraccopoli e conoscere meglio anche questa realtà.
Oltre a questo ho avuto la possibilità di intervistare i genitori dei bambini che vivevano nelle baraccopoli e conoscere meglio anche questa realtà.
Ma, nonostante tutto ciò che di bello stavo vivendo, non sono
mancate le difficoltà. Difficoltà dettate dalla mancanza di comunicazione con
la persone della struttura, legate alla personale comprensione della cultura,
forse a volte troppo lontana dalla nostra e magari troppo contraddittoria. Ma
la perfezione non esiste e queste difficoltà sono state per me spunti di
riflessione.
Alla fine del mio viaggio, mentre ero sulla strada del ritorno in
patria ripensavo alla frase del mio caro amico indiano. “l’India ti saprà
stupire”. E ripensavo ai piedi, si, ai piedi scalzi delle nonne, dei
nonni, delle mamme e dei bambini. Ripensavo ai quei piedi piatti, rugosi,
rovinati dal tempo passato a camminare su quella terra rossastra. E guardavo i
miei, che nonostante mi togliessi le ciabatte ogni volta erano comunque sempre
troppo ‘nuovi’. Ripensavo poi ai suoni, alle cavigliere con piccoli
campanellini, alle musiche e alla puja (preghiera induista) che ogni mattina
iniziava alle 5 del mattino, ripensavo all’ultimo periodo quando alle 4 del
mattino passava tra le vie un uomo che suonava con forza i tamburi (che abbiamo
scoperto poi essere una sorta di sveglia per la gente che a causa del freddo
rischiava d rimanere a letto), ripensavo ai claxon, al rumore delle onde, al
fruscio degli alberi al passaggio dei piccoli scoiattolini che saltavano di
albero in albero. Ripensavo ai colori, ai fiori, ai rangoli, alle polveri, ai
mille sari di colori e fantasie diverse che avvolgevano le belle signore. E
come non pensare al cibo e soprattutto ai 5 kg presi a forza di mangiare riso a
colazione, pranzo e cena? (mannaggia a chi mi ha detto che sarei tornata uno
stecchino. Altro che! Se magna ben!) Ripensavo poi a quanta gente abbiamo fatto
felice solo facendo una foto con loro, solo stringendogli la mano, solo scambiando
uno sguardo, solo condividendo un posto a sedere in autobus. E ripensavo a
quanto quest’esperienza mi aveva dato, a quante cose avevo imparato sull’india
e pensavo a quante immagini distorte mi ero fatta prima. Avrò forse dato anche
io qualche cosa? Avrò forse lasciato anche io il mio segno nei loro cuori come
loro avevano fatto con me?... E poi guardavo i braccialetti dell’amicizia che
mi avevano fatto, guardavo i disegni per me ‘come back again, goodbye’ e i le mie
domande trovavano una risposta.
Alla fine di questo mio piccolo viaggio non ho la pretesa di aver
capito l’India o le sue logiche senza logica. Alla fine di questo viaggio ho
imparato la mia lezione, e come dicono loro “if u want, u can! Remember:
successe is a process, not an event. Invest the time in building a positive
attitude”. Akka, sister tambi, tangaci, annan, tamuddu grazie perchè la mia
valigie è carica del sapere che mi avete donato.
Un forte abbraccio e un grande bacione.
Bayush sister